![]() |
|
|
(Posizionare
la freccia sulle foto per leggere le didascalie)
Dopo aver fatto compiere ai nostri occhi un giro di 180 gradi ed esserci soffermati in particolare sulla vista superba che si ha in direzione di Morgantina e di Aidone ,
non
potremo non volgere un ammirato sguardo d’insieme alla torre. Per fortuna
siamo in compagnia di Giuseppe Tomarchio che ce la descrive e spiega con la
competenza dell’ingegnere. Diamogli direttamente la parola: “Trattasi di un pregevole esempio di ingegneria
medioevale che denunzia una particolare cura nella realizzazione della
fondazione e nella salda e perfetta struttura del maschio. Il piano di
fondazione della torre è stato realizzato con un accurato livellamento della
roccia in modo da ottenere un piano perfettamente orizzontale. Tale
spianamento ha comportato un preventivo imponente smassamento necessario anche
per raggiungere un livello di fondazione tale da garantire la presenza di una
ottimale compattezza della roccia calcarea.
La
ripartizione del carico statico della torre sulle rocce sottostanti è stata
ottenuta allargando con accurata opera
di scalpellamento la superficie del basamento per cui la torre appare sorretta
da una struttura tronco-piramidale. Probabilmente, per l’assenza dei fori sulle pareti, l’erezione
della torre è avvenuta senza l’uso di ponteggi. Era questa, d’altra parte
una necessita imposta da una precisa esigenza: rendere difficile l’eventuale
scalata dei muri esterni. Per il medesimo motivo anche le condutture dei
pluviali venivano realizzate inglobate nella struttura muraria. Una
particolare cura nella realizzazione della torre si avverte anche nella
costruzione degli spigoli caratterizzata dall’utilizzo di massicci blocchi
di pietra perfettamente squadrati e tra loro bene incastrati. La
struttura appare “piena” cioè priva di vani interni anche se in prossimità
della vetta una sbrecciatura fa
sospettare la presenza di una cavità sommitale. L’accesso alla
terrazza
della torre era consentito da una stupenda scala a chiocciola, realizzata in
corso d’opera all’interno della torre e precisamente in
prossimità del suo spigolo di sud-est. Si
accede alla scala da una porticina incastonata in un portale in lava terminante
con una voltina del quale si è conservato lo stipite sinistro. Il
vano scala è stato ottenuto da una perfetta sovrapposizione dei gradini che
la compongono. Questi ultimi, realizzati in basalto a forma di spicchi, sono dei
settori circolari con un angolo al centro di circa 30°. In corrispondenza
dell’angolo al centro, l’irrobustimento cilindrico del singolo elemento
costituisce un segmento in elevazione dell’asse dell’elica. Le
delimitazioni circolari periferiche dei singoli gradini si incastrano nella
muratura del corpo della torre”. Parole
e delucidazioni che, trasportandoci nella dimensione sapiente dell’arte del
costruire, finiscono per far accrescere la nostra ammirazione nei confronti
della torre e delle maestranze che circa settecento anni fa la elevarono.
Adesso
la nostra visita é finita. Prima di ripartire, volgiamo l’ultimo sguardo di
saluto a quello che, andando con la mente ad un colossale pezzo di artiglieria
puntato verso il cielo, la nostra gente ha sempre chiamato “u cannuni i Gresti”.
Ritornando verso Valguarnera ci vien fatto di chiederci se, quando ritorneremo
la prossima volta, il vandalismo dell’uomo e del tempo ci faranno ritrovare
mura, pietre e lapidi così come le abbiamo lasciate. Chissà se un giorno –
ci fa sperare la non sopita fiducia nell’uomo che ci portiamo dentro - non si
potrà provvedere al restauro del monumento. Non soltanto sarebbe bloccata la
sua apparentemente inesorabile lenta corsa verso la definitiva rovina, ma si
potrebbe forse fare di più: ridargli vita rendendolo accogliente rifugio per
viaggiatori in cerca di quiete e di forti sensazioni.