CARABINIERE, SPARA SE HAI CORAGGIO!
[La raccolta del grano del 1945 si svolge
all’insegna del decreto Gullo che, rispetto al passato, prevede una
ripartizione del prodotto più favorevole al mezzadro. Molti proprietari
rifiutano però di applicare la nuova norma.]
Un gruppo di mezzadri della baronessa Penna (proprietaria del feudo San Bartolo in territorio del comune di Aidone) venne alla CGIL di Enna chiedendo di essere assistiti per l’applicazione della legge sulla ripartizione dei prodotti, che prevedeva il 60% al mezzadro e il 40% al proprietario. Dalla segreteria della CGIL venni incaricato di assistere il gruppo di mezzadri. Con loro stabilimmo d’incontrarci nel pomeriggio a Valguarnera. Non avendo altro mezzo di trasporto, alle ore 14 presi il pullman della Sais e mi recai a Valguarnera, portando con me uno stralcio della legge, vidimata dal Prefetto di Enna. Incontrai di nuovo il gruppo dei mezzadri e stabilimmo di partire alle ore due di notte a dorso di mulo per trovarci all’alba nel feudo San Bartolo.
La sera andai a dormire da una zia di mia moglie, residente a Valguarnera. Puntualmente siamo partiti e all’alba siamo arrivati nel feudo dove c’erano altri mezzadri ad aspettarci. Ci siamo riuniti, ho spiegato l’importanza della legge ed ho costituito un Comitato di mezzadri, in rappresentanza, per andare a discutere con l’amministratore della baronessa Penna.
L’amministratore era un uomo alto, vestito con abiti di velluto, con un
fazzoletto al collo e con un fucile alla spalla. Mi sono presentato, dicendo
che ero un rappresentante sindacale e che su richiesta dei mezzadri chiedevamo
l’applicazione della legge sulla ripartizione dei prodotti. La risposta
dell’amministratore è stata quella che non conosceva nessuna legge e la ripartizione
doveva avvenire come sempre (50% e
50%). Nonostante tutti i miei
tentativi di insistere mostrando lo stralcio della legge, vidimata dal
Prefetto, per l’amministratore, la legge non esisteva. Avevo proposto un
incontro tra le parti dal Prefetto, la risposta fu quella che lui non andava in
nessun posto.
I mezzadri, amareggiati dall’incontro, mi chiesero che cosa bisognava fare.
Spiegai loro l’importanza della lotta che noi comunisti portavamo avanti per la
ripartizione dei prodotti, ma che si inseriva in una lotta più grande, la lotta
contro il feudo e per dare la terra a chi la lavora. Per liberare l’uomo dal
bisogno, per la libertà, contro la mafia, la prepotenza.
Per
vincere questa grande battaglia bisognava però, essere uniti ed avere coraggio.
Nel caso specifico, su come fare rispettare la legge sulla ripartizione dei
prodotti, proposi una sola parola d’ordine: “tutti per uno, uno per tutti”. La
parola d’ordine consisteva nel fatto che tutti i mezzadri assieme avrebbero
ripartito il prodotto, il grano, mettendolo nei sacchi e mettendo da una parte
il 60% per ogni mezzadro e il 40% da un’altra parte per il padrone. Per ogni
partita bisognava fare un verbale nel quale veniva registrata la produzione e
la ripartizione. Quel verbale veniva firmato dal mezzadro interessato, ma anche
dagli altri mezzadri nella qualità di testimoni. Il verbale veniva compilato in
duplice copia: una restava al mezzadro, l’altra doveva essere assegnata al
padrone, in questo caso all’amministratore della baronessa Penna.
I
mezzadri accettarono la proposta e ci siamo messi al lavoro. L’entusiasmo era
enorme a dire la verità, per l’esperienza che avevamo avuto in tanti anni di
lotta per la ripartizione dei prodotti, prima di partire da Enna, nella mia
borsa avevo messo tante copie di schema di verbali con la carta carbone e così,
mentre i mezzadri misuravano il grano con il famoso “tùmmino,, io andavo
redigendo i verbali. Quel lavoro durò quasi tutta una giornata.
A
distanza, senza mai avvicinarsi abbiamo visto quattro persone con fucili alle
spalle. Abbiamo pensato che fossero uomini mandati dall’amministratore della
baronessa Penna. Terminato il lavoro e redatti i verbali bisognava decidere
cosa fare. Io proposi che una delegazione di mezzadri con me doveva consegnare
i verbali e poi caricare i muli e incominciare a trasportare il grano a
Valguarnera. Così abbiamo fatto.
Al
momento di consegnare i verbali, l’amministratore non si è fatto trovare.
Abbiamo pensato di consegnare i verbali a uno dei quattro personaggi che si
erano mantenuti a distanza. Questi fa sapere di non saperne niente della
faccenda e di non prendere nessun verbale.
Da quel
momento abbiamo deciso di lasciare i verbali davanti a quell’uomo, per terra,
mettendogli una pietra sopra per evitare che il vento li portasse via e di
incominciare a caricarci i muli per trasportare il grano a Valguarnera.
Incominciava ad imbrunire.
Mentre
stavamo per caricare i muli, le quattro persone con i fucili spianati ci hanno
circondato imponendoci di scaricare i muli e di non muoverci, altrimenti
avrebbero sparato.
Siamo
rimasti tutti durante la notte appollaiati vicino ai sacchi di grano. Un
mezzadro mi diede la “chiumazzata,, del suo mulo per coprirmi dalla
“sussurrata,, della notte.
La mattina seguente, dando uno sguardo attorno, ci siamo accorti che i quattro che ci avevano minacciati non c’erano più. Non si vedeva anima viva. Allora abbiamo deciso di caricare i muli e partire per Valguarnera. Avevamo appena caricato i muli e, avviati per la trazzera che porta a Valguarnera, davanti a noi abbiamo visto un nucleo di carabinieri un po’ sparpagliati, con i fucili spianati, che venivano verso di noi. Mi sono reso conto che l’amministratore del feudo, di fronte alla nostra decisione di far applicare la legge, durante la notte aveva avvisato i carabinieri di Aidone.
Alla vista dei carabinieri, dissi ai mezzadri di fermarci. Due carabinieri si erano distaccati dal nucleo ed erano primi. Uno di questi col fucile spianato, arrivato al capo-retina che dirigeva i muli carichi di grano, puntandogli la canna del fucile al petto, gli impose di tornare indietro e scaricare il grano. Lui, ricordo ancora, era un giovane mezzadro con i capelli rossicci, non ricordo come si chiamava; alla intimidazione del carabiniere, con tutte e due le mani si strappò la camicia dal petto e rivolgendosi al carabiniere gli disse: “spara, spara se hai coraggio, il grano è mio!”. Poi con un colpo fulmineo strappò il fucile al carabiniere il quale per lo strattone cadde per terra.
Alla
vista del fatto sono subito intervenuto facendomi dare il fucile dal giovane
mezzadro, cercando di calmarlo e consegnare il fucile al carabiniere che nel
frattempo si era rialzato. Si creò una gran confusione, poi sono arrivati il
resto dei carabinieri comandati dal maresciallo Aiello che io già conoscevo per
altre vicende. Stabilita la calma si convenne di riunirci in Prefettura per
discutere sull’applicazione della legge. La legge venne applicata.
Nella
zona di Valguarnera quella vittoria determinò grande entusiasmo tra i contadini
e nel mondo del lavoro. Ringraziai il carabiniere che dopo lo strattone non
fece alcuna denuncia contro il giovane mezzadro, dichiarandomi che anche lui
era figlio di contadini sfruttati. Seppi, poi, che quel giovane era emigrato in
Belgio.
(Da Pino Vicari, “Condannati a morte”, Enna, 2002)
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