di Napoleone Barrica
Giacomino Fisicchia, meglio noto come il ballarino per la sua fervente
passione per il ballo, dopo sofferte trattative riuscì ad accaparrarsi da un
rigattiere di Palermo, un grammofono a tromba corredato di dischi e puntini.
Questo mecanismo musicale per come lo
chiamava lui, giusto il prezzo che l’aveva pagato certo non era nelle migliori
condizioni, ma dedicandoci un po’ del tempo che sottraeva alla barberia dov’era aiutante, e sostituendo
qualche ingranaggio, con tanta pazienza riuscì a renderlo perfettamente
funzionante, cantante e musicante.
E mentre ci lavorava sopra, pensava e ripensava a come potesse
farlo fruttare ricavandoci magari qualche lira,visto che per il paese era quasi
una novità nel suo genere, ed erano in molti quelli patiti per il ballo, che si
rivolgevano a lui per avere qualche lezione a pagamento.
Infatti, specialmente per i matrimoni, era d’uso che dopo le
cosiddette passate di dolci e
rosolio, si concludeva quasi sempre col ballo, e ad aprire le danze al suono
di fisarmoniche e mandolini, primi tra tutti erano gli sposi, seguiti a ruota
dagli altri che per l’occasione cercavano di esprimersi al meglio. Per cui,
quando si approssimava il giorno di qualche festa nuziale, molti erano i picciotti
che per essere pronti, si rivolgevano per tempo a don Giacomino, profondo
conoscitore di ogni tipo di ballo.
Per le donne invece la cosa era diversa, loro infatti si
contentavano di sfruttare la momentanea assenza dei genitori, per mettere da
parte il lenzuolo che stavano ricamando sedute in cerchio, e darsi a vivaci
prove di ballo, magari con l’aiuto del canto di una di loro.
Saper ballare e farlo con parsimonia alla
vista di tutti, non era male, e in certe occasioni serviva anche ravvivare
l’ambiente, specialmente quando nei festini c’erano troppi vecchi in formato
presepe, scolpiti sulle sedie. E fu prendendo spunto da questo, con l’aggiunta
della fame di svaghi per giovani e meno giovani, che gli venne l’idea di aprire
in paese la prima sala da ballo dove, oltre a poter ascoltare le ultime novità
di ballabili, si poteva anche danzare, e per chi l’avesse voluto, poter
prendere persino qualche lezione.
L’idea era buona, ma per fare tutto questo occorreva un locale
adatto, e in paese all’infuori di qualche catoio o bagghiu o stalla, ovverosia ambienti destinati al ricovero di
bestie carretti e masserizie non c’era altro; per cui volendo realizzare
questo progetto non aveva altra scelta, sapendo già a priori quello che doveva
affrontare per riattare il tutto.
Sul momento la cosa
sembrò facile, ma a lungo andare si persuase che reperire un locale ben
adattabile alla cosa era piuttosto complicato, e ogni qual volta girava la
richiesta a qualche proprietario, si sentiva ripetere sempre la stessa storia:
- E
voi che pretenderebbe, che per locarvi il catoio, io e la mia signora ci
dovrebbimo mettere le pecore e lo scecco in mezzo al letto?... E poi secondo
voi come dormissimo!...
Ma il ballarino, con quella testa che aveva non si disarmava facilmente, per
cui tanto girò e tanto parlò, finchè non riuscì a convincere il vecchio don
Ciccio Mezzoiuso, detto mezzoculo per
un morso di mulo ricevuto in gioventù, a liberare uno dei cinque catoi che
possedeva, distribuendo gli animali nei restanti quattro.
- Le bestie
patiranno per la pochezza di aria… Le capre dovranno stare sotto le panze dei
muli… il locale è della più meglia largasìa e molto comoditoso… Per non dire
poi della finestra completa di vetri, che mi è costata un occhio di tutta la
testa…
Così pianse quel taccagno di don Ciccio per ricavare un buon compenso, e
prima di arrivare all’accordo definitivo, ci fu una vera e propria battaglia; e
per di più sulla carta scritta, pretese la clausola che tanto lui che suo
fratello Ciccio, senza pagare un soldo, avrebbero avuto diritto sia alle
lezioni di ballo, che all’ingresso nella sala. Entrambi ultrasessantenni,
scapoli ricchi e mezzi incroccati, ancora
non una decisione seria se sposarsi o meno, ma nel dubbio, volevano essere
preparati al festino delle loro nozze. E da qui nacque la clausola sul
contratto.
Per Giacomino ormai il più era fatto, non
restava altro che ottenere un bel prestito da mastro Peppe il barbiere, e
mettere subito mano ai lavori per trasformare un fetido ricovero per animali,
in un tempio della musica per paesani viveur. Ossia, dove fino a poco
tempo prima c’erano state montagne di sterco, ora doveva sorgere una pista
linda ed odorosa, per essere accarezzata dalle polacche di leggiadri ballerini.
Dove prima aleggiavano solo muggiti di buoi
e ragli di scecchi, ora dovevano librarsi le tenere note di Gelosia
o Parlami d’amore Mariù.
Da quella stalla vennero rimosse carrettate
di letame, travi, ferraglie, cesti, giare, e quartare rotte; furono riversate
intere botti di acqua saponata, grandi secchi di candeggina, acido fenico e
alcol denaturato, ma alla fine i piedi a terra appiccicavano lo stesso, e il
fetore da lì a poco, tornava più gagliardo e pungente di prima.
- Ma
d’altro canto, perché mi devo angustiare... - Pensò Giacomino. - Tanto, tutti
quei futuri Freddi Asteiri, in
massima parte ricottai e pecorai, hanno le cosiddette nasche così impregnate di
tanfi assortiti, che qua addirittura gli sembrerà di entrare in paradiso. E poi
come sempre, basta un poco di frequentazione, che saranno loro stessi con la
loro presenza, a personalizzare l’ambiente con tutti quegli aromi naturali che
si portano addosso.
Diede ben sette mani di biaccone nei muri, con assi e compensato realizzò una sorta di pre ingresso, in modo da nascondere ai passanti la vista interna, trasformò una delle mangiatoie in servizi igienici con scarico, fece pendere da una trave due lampadine elettriche, e poi in fondo, quasi ad angolo sopra una buffetta, sistemò grammofono, dischi, secchio con le gazzose, cesto con le semenze, una quartara d’acqua, e tutta la direzione.
Delle due lampadine, per risparmiare
sulle spese e creare un po’ di atmosfera durante il ballo, ne avrebbe lasciata
accesa solo una; ma quando fu il momento, causa di qualche filo preso di umido,
questa dopo un po’ dava una luce
tremolante.
L’inconveniente sul momento dispiacque, ma poi a lungo andare piacque.
Ai quattro angoli piazzò altrettante sputacchiere riciclate tra la
barberìa e il medico condotto, e le corrredò tutte con un vistoso cartello:
E poi una lunga freccia verticale sulla cui punta stava scritto: “cuì!”
Ogni quattro cinque
sedie disposte a giro nella stanza, poi altri cartelli fissati al muro con
scritto:
SECONTO AVISO:
ACENDERVI LE FUMOSE E LE PIPE...
Le fumose altro non erano, che le sigarette confezionate a mano col
trinciato per pipa. Una vera delizia per intenditori!
A lavori ultimati, per i quali aveva dovuto richiedere un secondo prestito,
tappezzò la restante parte dei muri, con manifesti colorati presi al
cinematografo con Rodolfo Valentino mentre balla vestito da gaucio, e di Greta
Garbo nel film La carne e il diavolo mentre bacia lo spasimante.
Sulla porta d’ingresso, inchiodò una grande insegna colorata fatta sempre
da lui, con l’accattivante scritta:
Sì proprio così, era una sala da ballo per soli uomini, e pertanto
rigorosamente vietato alle donne. Come se donna Addolorata o Crocifissa
avessero mai potuto pensare di varcare quella soglia verminosa; sarebbe stato
come mettere un piede all’inferno.
E infatti così gridava ad ogni cantone il
cosiddetto banniatore ossia colui che facendo tamburo con secchio
capovolto, dava in tempo reale ai paesani, tutti gli aggiornamenti sulle ultime
novità:
-
Taratà!... taratà!... taratà!... Signuri mei!... Picciotti e picciutteddi!...
Schetti e maritati!... Sintiti... sintiti!... sintiti!... Domenica a venìri!...
nella via Carlo Màchisis numaro sette!... ci sarà la spavintosa naugurazioni
di un grandi locale nazionale, arriservato solo alle balle di don Giacomino
Fisicchia!... col vertimento fermo però, che le femine tutte, anziane picciotte
e picciuttedde, tasetivamenti non posono averci alcesso... E siete pregati di
non farvi arracomantare manco da re Vittorio in persona!... La legge della
dirizione è oguale per tutti.., e parla chiaro!...
- Taratà!... Taratà!...
Taratà!... Il prezzo del pezzino per entrari è di quattro soldi e si ha tutto
il deritto di assistere e guardare la musica dei ballabile!… Invece, per chi
si vuole ballare le tanche e le marzucche, ci vogliono due soldi per ogni
sengolo ballo ogni sengola coppia formata di due, ma paga solamenti il
portante, e la dama no!... Il locale sarà in fonzioni fino al tardo perché ha
la luce letrica, e chiuderà alle ore nove di sera!... Venite!... Venite
tutti!... Venite azzizzati e prefumati!... Don Giacomino Fisicchia offrirà ai
presente, un trattamento di rinfresco schiticchioso! Taratà!... Taratà!...
Taratà!... Fine della parlata!
Tutti i ragazzi battevano le mani, e tutte le donne
sbattevano le finestre.
E per come era prevedibile ad andarci furono veramente in tanti;
semplici curiosi, cronisti barbieri, simpatizzanti uditori, e ballerini
portanti; e tutti si presentarono con l’abito passato di ferro, capelli passati
all’olio, e polacche passate al vapore. Le donne, specialmente le più anziane
che si trovavano a transitare da lì, acceleravano il passo, e tenendo gli occhi
ripetevano:
Parola più parola meno, le discussioni in ogni casa tra madre e figli o
addirittura tra moglie e marito erano sempre le stesse. La paura per questa
sconvolgente novità, dilagava come se si fosse trattato del colera.
- Ma vedete che c’è qua!... Diceva donna Rosa senza darsi pace. - Dove
prima c’erano bestie innocenti, ora ci sono animali peccaminosi!
- Ragione avete... - Incalzava lesta donna Assunta con gli occhi
rivolti al quadro col Cuore di Gesù. - E il bello è, che ora tutti questi
screanzati questi stravizi, non saranno più le stessi di prima... avranno altri
pensieri! Invece delle cose di famiglia, dentro quelle teste ci sarà musica e
divertimento! Come se il cinematografo non ci basterebbe!… Per non dire poi che
stando così coppiati, chissà quante cose scontrose si diranno!
Per la cosiddetta inaugurazione, non ci fu il classico taglio del nastro,
in quanto nessuno dei presenti volle rivestire il ruolo della madrina. Ma per
come promesso, ci furono passate di calia, semenze, carrube infornate
gazzose a fiumi, parlata di don Giacomino e battute di mani.
Il portante, di cui parlava il banniatore, era un personaggio di
spicco, infatti nella coppia era quello che sapeva ballare meglio, e quindi si
aggiudicava la parte dell’uomo, col privilegio di condurre la dama. Che poi
altro non era, che un altro uomo.
Quando i giovani ne incontravano uno per strada commentavano:
- Mi!... lo vedi a
quello?.., è un portante di prima!
- Ma chi quello?..,
quello è il figlio di mastro Cecco il ricottaio! E non si chiama niente affatto
portante diprima... ma Beppe!
E tu sei uno scecco di
seconda!... Sarà Beppe quanto vuoi tu, ma io che l’ho visto ballare, ti dico
che è un gran portante di ballo.
Per molti giovani era diventato come una sorta di titolo onorifico... come
dire cavaliere o commendatore.
Infatti sua, e soltanto sua, era la responsabilità di tutta la
parte motoria della scena, col pieno diritto a governare, suggerire i passi,
inventare piroette, dare la direzione, imprimere la velocità, e quant’altro
ritenesse opportuno. Insomma era come una specie di comandante in capo con pieni poteri, e pertanto solo a lui e al
suo insindacabile giudizio, spettava ogni iniziativa da prendere, anche la più
ardua, come per esempio lo spericolato caschè,
ne la cumpassita. Per cui nella
sala da ballo, chi aveva i titoli e voleva sostenere il prestigioso ruolo di portante per tutta la durata di una
polca, si sceglieva la dama tra i
tanti maschi, e consegnava al tempo stesso i due soldi a don Giacomino
Fisicchia... direttore. Tranne in quei casi, che per accordi anzi tempo presi,
i due non avessero messo un soldo per uno; nella fattispecie a metà ballabile,
senza farne accorgere a don Giacomino, si scambiavano i ruoli. Infatti il
regolamento lo vietava.
Ma in genere quando una coppia era ben affiatata, e quindi ognuno di loro
riteneva l’altro all’altezza di sostenere entrambi i ruoli, si mettevano
d’accordo prima, pagavano un giro per uno, e non litigavano.
In sala bivaccavano anche i giovanissimi, che squattrinati per com’erano,
e avendo potuto pagare solo i quattro soldi dell’ingresso, si contentavano di
ascoltare la musica, sgranare semenze e studiare i passi di chi ballava. Per lo
più erano simpatizzanti o principianti, e si distinguevano perché se ne stavano
seduti a gruppo tutti messi da un lato, nella speranza che qualche conoscente
amico li invitasse per un giro.
Mastro Cocò, ex bracciante e suocero di don Giacomino stava alla porta per
regolare il flusso e incassare gli ingressi, il genero invece oltre a
riscuotere il dovuto per i balli, cambiava i dischi, le puntine, dava corda al
grammofono, vendeva gazzose, badava all’ordine, e curava l’aspetto
promozionale. Infatti per ogni due gazzose si aveva diritto alla scelta del
prossimo ballabile, e per ogni tre gazzose e un cartoccio di semenze, si
guadagnava un giro gratis.
La cosa ingranò bene, l’afflusso di pubblico era sempre più in crescita,
così come pure il numero degli allievi alle lezioni. Per cui, non appena
Giacomino fu in condizione di restituire al principale quanto dovuto, con i
relativi interessi, pensò bene di restituire anche pettine forbici e camice, in
modo da potersi dedicare a tempo pieno alla nuova attività.
E’ vero che gli utili erano soddisfacenti, ma è anche vero che le
fatiche e gli impegni erano tanto gravosi, da assorbirgli l’intera giornata.
Infatti, di giorno riordinava il locale, ripuliva la latrina, aggiustava le
sedie rotte, riordinava i dischi e dava lezioni di ballo; e poi sempre lui la
sera, stanco per com’era, si dedicava anima corpo all’attività vera e propria.
Tra le altre cose c’è da dire, che era diventato anche come una specie di
consulente e fornitore per i festini matrimoniali, per cui su richiesta, dava
in noleggio anche un grammofono comperato apposta, completo di puntine, dischi
e di vellutino per pulirli.
Acquistandoli a buon prezzo perché usati, attraverso amici forestieri si
era procurato altri dischi, riuscendo a metterne insieme un centinaio, in modo
da poter offrire un vasto assortimento di ballabili per tutti i gusti, e per ogni
occasione.
La domenica sera, quando in numerosi calavano dalle montagne, si scatenava
un inferno, tanto che ad un certo punto per ovviare la ressa di chi voleva
assolutamente entrare, ad un certo punto chiudeva la porta.
Ma le conseguenze di tale iniziativa avevano però risvolti devastanti.
Infatti, tra il fatto che la folla era composta per lo più da fumatori, tra i
gas liberati a causa dei saltelli fatti con polche e mazurche, tra la calura
aromatizzata dei piedi di chi per igiene si era sfilato le polacche, e tra i
vapori dello stagno che si era fatto attorno alla mangiatoia, tutto diventava
difficile.
Qualcuno saggiamente suggeriva:
- Don Giacomino...
almeno ci mettesse le Balocche e Prefume!
E se a questo si aggiunge, una porta chiusa e una finestra insufficiente,
si arrivava ad avere visibilità zero, al punto che il portante non vedendo più
la faccia del partner, non capiva più se fosse ancora in sensi o meno.
A completare l’opera, c’era poi anche lo zampino dello stesso
locale, che risvegliato dalla grande calura riprendeva a respirare a pieni
polmoni col suo alito proprio nel momento in cui molti facevano fatica.
E proprio per questo stato di preallarme dovuto a difficoltà respiratorie,
don Giacomino prudentemente faceva scomparire i veloci, e metteva solo i lenti. Ma alla fine però tutto si
svolgeva bene e senza danni; per cui bisogna dire che la gente si divertiva,
l’a1legria non mancava, e Giacomino guardandosi dentro provava tanta di quella
soddisfazione, che già pensava a comperare un altro grammofono, ma questa volta
di quelli col motore elettrico, con le puntine elettriche e gli altoparlanti
anch’essi elettrici. Ma poi, col tempo e col giudizio degli uomini, anche qui
approdò l’evoluzione della specie, e chissà se non fu proprio l’ingenua idea di
don Giacomino a far nascere le moderne discoteche, che oltre a spalancare le
porte alle donne, regalarono nuove forme di divertimento tanto lunghe da far
vedere, anche se non a tutti, l’alba del giorno dopo.
Ma come sempre accade, il grande progresso porta anche grandi mutamenti,
infatti sebbene col rimpianto di qualcuno, a cuore duro e senza concedere
deroghe, sfrattò la grande semplicità di don Giacomino, il romantico tanfo
della natura, le vecchie gazzose, le povere semenze, il languido Parlami d’amore Mariù, e, cosa ancora più triste, la fìgura
del portante maschio del quale ormai si sono perdute anche le tracce. Al loro
posto però, ora ci sono una infinità di tante altre cose, chiaramente più
moderne, più pregevoli, e soprattutto più gratificanti, per una gioventù in
crescita.
Forse il buon Giacomino, con tutta quella fantasia e intraprendenza che
aveva, mai avrebbe potuto immaginare tanto!
Napoleone Barrica, Scialli, coppole e… amori
segreti, Edizioni Greco, Catania, 2000
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