Omaggio a Mariano Lamartina
Sara' patrocinata dal Comune di Valguarnera e organizzata dalla casa editrice "Il Lunario " la manifestazione "Omaggio a Mariano Lamartina" che si svoglera' giorno 6 Aprile 2002 alle ore 17,30 nell'aula Consiliare del Palazzo Comunale di Valguarnera. A rievocare la figura e l'opera dell'illustre scomparso sara' il Dr. Giuseppe Accascina al quale seguira' un recital di poesie a cura dell'attrice Elisa Di Dio. Mariano Lamartina, poeta e critico letterario, nato a Mazzara del Vallo da padre valguarnerese nel 1918, si é sempre sentito molto legato a Valguarnera. Laureatosi in Lettere classiche a Palermo con una tesi in storia dell’arte, ha per circa trent’anni insegnato presso il Liceo Scientifico “Cannizzaro” del capoluogo siciliano.
Valguarnera.com, in occasione della commemorazione, ha chiesto alla figlia Toniella ed al nipote Carmelo di ricordarlo ai visitatori del sito.
Ricordo di Mariano Lamartina
di Toniella Lamartina e Carmelo Arena
Mariano
Lamartina rimarrà nel cuore di molti come ultimo interlocutore dell’anima,
come cantore francescano dei sentimenti.
Nato
nel 1918 a Mazara del Vallo, dove il padre, Alfonso, prestava temporaneamente
servizio in qualità di Maresciallo
di Pubblica Sicurezza, trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Palermo
dove si forma culturalmente al Liceo
Classico “Garibaldi” sotto la vigile tutela di Padre Berritella,
insegnante-sacerdote valguarnerese. In quell’epoca trascorre tutte le estati a
Valguarnera, dove trovava le sue radici e gli affetti della famiglia
d’origine. Con i cugini Lamartina, Vitale, Camerini, Scarlata e Perticone
trascorre i momenti più poetici e sentimentalmente intensi della sua gioventù,
consolida in particolare un forte sodalizio intellettuale con i cugini Michelino
e Gino, Mariannina e Rachele.
Alla
Montagna, dove villeggia con la famiglia, trascorre una vita semplice ma
affettivamente intensa, gli echi
delle armonie dei canti e dei cori lo accompagneranno per sempre.
Ultimati
gli studi liceali, si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università di
Palermo, partecipa come ufficiale alla seconda guerra mondiale, militando in
Campania, a Salerno, dove, fra un bombardamento e l’altro, trova il tempo di
ultimare la tesi di laurea.
Finita
la guerra, appena laureato, si stabilisce a Marsala, dove il padre aveva fissato
dimora, e a Trapani inizia la sua attività di docente con le prime supplenze.
Marsala,
dopo Valguarnera, diventa la sua seconda patria e lì egli contribuisce alla
ricostruzione materiale e morale dalle macerie del dopoguerra; con
l’entusiasmo e il vigore di un venticinquenne è attratto dalla politica
attiva nella quale profonde per qualche anno le sue energie, nel fresco clima
sociale e politico del Paese.
Nel
1954, già sposato e con prole, vinto il concorso a cattedra per
l’insegnamento nei licei, si trasferisce con la sua famiglia a Palermo dove
insegna ininterrottamente al Liceo Scientifico “Stanislao Cannizzaro” fino
al 1983.
A
Palermo, la sua umanità si esprime soprattutto in una cultura sempre più vasta
e approfondita, nell’uomo di Scuola, nel pater familias e nel cittadino.
Come
uomo di Scuola, al “Cannizzaro”, vive con gioia e passione, per
trent’anni, l’essere docente e vi assume un ruolo da protagonista in qualità
di vicepreside, soprattutto durante la “contestazione” del ’68. In tale
occasione, infatti, con grande equilibrio e autorevolezza si confronta a viso
aperto con gli studenti, riuscendo a stabilire e a mantenere con loro un
rapporto dialettico efficace e significativo, rivelando inoltre apprezzate
capacità di mediazione tra le componenti del conflitto generazionale.
Diventa
grande amico dei ragazzi e il rapporto affettivo con molti di loro dura,
ininterrottamente, per la vita.
In
una sua espressione poetica, scrive che la scuola è una fioriera in cui il
docente deve, con cura e amore, far crescere ogni fiore nella sua diversità e
il docente stesso non può e non deve
essere una foglia secca, ma sempre verde e viva.
Come
“pater familias” è un punto di riferimento forte non solo per i figli, ma
anche per tutti i giovani e i meno giovani capaci di interagire con la sua
stessa sensibilità e con il suo stesso amore per la vita. Egli diventa di fatto
il patriarca di una folta schiera di parenti ed amici.
A
Palermo maturano le sue vocazioni creative e critiche. Produce numerose poesie
in dialetto siciliano e in lingua italiana, diventa critico letterario e, su
suggerimento iniziale del suo preside e amico Giuseppe Cottone,
dedica gran parte della sua produzione a Francesco Lanza.
Nel
1970 con il saggio critico “Realtà e mito nell’opera di Francesco Lanza”
vince il Primo Premio letterario istituito dal Comune di Valguarnera per
commemorare il suo Figlio letterato più illustre; da allora, la produzione di
scritti su Lanza di Mariano Lamartina si moltiplica e lo stesso ne divulga la
conoscenza partecipando a convegni, seminari, presentazioni a Palermo, a
Valguarnera e nella provincia di Trapani. Tale attività gli offre l’occasione
di rinvigorire il rapporto con Valguarnera, e dal ’70 sono sempre più
frequenti i suoi ritorni in paese in viaggi nella memoria che intraprende
sempre con gioia.
Poeta
sensibile e delicato, raccontò la sua terra, gli uomini, la vita e i valori che
professò, insegnò e cantò sino alla fine. Ci mancheranno la sua poeticità,
la sua straordinaria lucidità intellettuale, il suo magistero.
Proponiamo
un suo speciale testamento spirituale, con una poesia scritta nel 1987, “ la
minzogna”, che, alla luce dei recenti fatti internazionali, risulta di estrema
attualità.
LA
MINZOGNA
Lassatimillu
diri senza scantu
Ca
la minzogna è sali di la vita;
quanta
spiranza, quantu suli e incantu
ti
offri ‘na minzogna sapurita!
Quantu n’haiu ‘ntisu e quantu n’haiu cuntatu
Pri
fari cchiù giuiusu lu campari:
la
verità ti duna un sulu latu,
ti
leva l’ali e nun ti fa vulari.
Cuntatimi ca ‘nfini li frunteri
Nun
servunu pri spàrtiri li terri,
cuntatimi
ca ‘nfini li banneri
nun
fannu ancora santi tanti guerri!
Cuntatimi
ca niuri cu bianchi
Cu
li gialli su’ la stissa peddi,
tutti
òmini sazi e tutti stanchi
d’arragiunari
a corpa di cuteddi!
E’ tempu di Natali, e criu a tuttu;
fici
già lu prissepiu e nna la grutta
lu
Bammineddu dormi nna l’asciuttu
sutta
la stidda ch’ogni mali ammutta.
E li pastura? Nun su’ chiddi antichi,
ma
fimmini cu masculi moderni,
vecchi
varvuti e omminicchi nichi,
chiddi
chi fannu e sfanno li cuverni.
Tutti dicinu basta a lu piccatu,
tutti
portanu paci e cunfissioni:
torna
a la casa ogni sequestratu,
latri
e latruna addiventanu boni.
La pùrviri chi ammazza li drogati
È
tutta un gran falò ‘mmenzu a lu scuru;
lu
riccu un voli cchiù disoccupati
e
lu politicanti è quasi nuru.
Mi fermu: è na minzogna puru chista,
ma
bedda, allegra-cori senza mali,
anchi
si si prisentanu a la vista
friddu
cu fami, dopu ‘stu Natali.
Ma crìdiri iu vogghiu ca tra pocu,
tutti
felici e uguali nna ‘sta terra,
nni
quariammu attornu a un sulu focu,
nni
saziamu senza fari guerra.
Lassatimìlla sana ‘sta minzogna
Pri
medicina a la malinconia;
ma
poi, pinsati, è forsi ‘na vriogna
marciari
stritti pri la stessa via?
“Il
9 gennaio 2002 ha chiuso con il mondo,
ma
non col suo mondo che ha ritrovato dove ora vive
la
sua eternità spirituale”
Giuseppe Cottone