“MAESTÀ, TUTTE QUESTE BELLEZZE LE ABBIAMO FATTE NOI DI VALGUARNERA, PERCHÉ SE ERA PER QUELLI DI ASSORO…!”

di Enzo Barnabà

 

 

La famiglia reale al tempo del viaggio in Sicilia

Nel gennaio del 1881, re Umberto e la regina Margherita effettuano un viaggio in Sicilia e in Calabria. Felice Cavallotti si augura che sia l’occasione perché i sovrani e i ministri al seguito studino da vicino i bisogni delle popolazioni, ma è deluso: si sprecano piuttosto i ricevimenti, i baciamani arcivescovili, i balli, gli spettacoli di gala, ecc. Nelle stazioni gremite, accanto alle bandiere e alle bande musicali, non mancano gli archi di trionfo fatti di rami e d’agrumi, piramidi di zolfo, altarini da Corpus Domini coi busti dei due sovrani… Onnipresente è uno sciame di funzionari, di personaggi ufficiali che, secondo il deputato dell’Estrema Sinistra, “in queste feste altro non vedono se non l'occasione sospirata, accarezzata in sogno, di mettersi in mostra, di vestir la sciarpa e l'uniforme, di far pompa di sé e del proprio zelo, e tra l'uno e l'altro salamelecco arraffar onoreficenze e ciondolini, o l'occasione per sfogare me­schine rivalità". I sindaci vengono istruiti dalle prefetture per iscritto sulle parole che devono pronunziare "e di cui si fecero ripetere loro le prove a domanda e risposta". Non così, come fra un attimo vedremo, quello del nostro paese, che con ogni probabilità altri non era che Sebastiano Arena. Gli Augusti Sovrani attraversando la Sicilia centrale in treno si fermano nelle varie stazioni a salutare le folle plaudenti. Una di queste stazioni è quella di Dittaino che si chiama ancora Assoro-Valguarnera. Qui avviene qualcosa di inatteso. Sotto gli occhi divertiti delle LL.AA.RR. si svolge una scena degna di un’operetta. Ma diamo la parola a un testimone oculare, il Marchese Senatore Alessandro Guiccioli che così descrive la scena nel suo diario:

 

“In quel di Catania, sta, fra due paesi poverissimi, Assaro e Valguarnera, una stazione intermedia, d'uso comune dei due. Il sindaco di Valguarnera invita il suo collega, quel di Assaro, a contribuire nelle spese per l'addobbo della stazione, dove il treno reale doveva fermarsi... un minuto. Il sindaco di Assaro, una vera mosca bianca, risponde che il suo comune essendo povero ed in cattive acque, non trovavasi in caso di dare per quella spesa un quattrino. E allora il sindaco del comune di Valguarnera, povero al pari e più dell'altro, addobba la stazione a tutte spese del comune suo: e all'arrivo del treno ossequia il re, gli mostra lo splendore degli addobbi, e gli dice: Vede, Mae­stà, tutti questi addobbi ce li ha messi tutti Valguarnera del suo perché il sindaco e il comune di Assaro non hanno voluto parte­cipare all'alto onore.” 1

Sembra che non siamo cambiati da allora: gran signori pieni di orgoglio, anche se con le tasche vuote. E gli avversari che se lo sognino di farsi belli con la nostra roba! Non è difficile immaginare quanto veniva detto all’Arena nel momento della delibera: “I riàna ci m’ntìm tutt nui, ma vossia ciu r’ciss o Re ch chidd r Assar nan n voss’n nesc’r. Accussì s nzìgnan!”
 


1 Alessandro Guiccioli, Diario, in «Nuova Antologia», 1 gennaio 1941.

 

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