ECCO UN ALTRO LANZA SCRITTORE

di Salvatore Di Vita

 

Non uno ma due i Lanza scrittori da Valguarnera. Già, perché oltre al più noto Francesco, quello dei Mimi, ce n’è un altro, pressoché sconosciuto ai più, che merita di essere ascritto nella rosa degli scrittori di un certo livello. Giuseppe Lanza, l’autore di cui vogliamo parlarvi, pur avendo scritto tanto, vincendo addirittura il premio Bagutta per la narrativa, e pur annoverando tra le sue conoscenze amici letterati (Lodovici, Montale, Solmi, Vittorini etc.) di cui esiste un certo epistolario che testimonia di questi rapporti, non ha alcuna notorietà nel suo paese d’origine e nel contesto territoriale di riferimento.

Certo, il silenzio sulla figura di  autori come Giuseppe Lanza non è purtroppo cosa rara; molti altri scrittori sono stati dimenticati, specie se in vita loro furono schivi, come lui lo fu fino all’ultimo. E nella cornice specificatamente siciliana, poi, suo cugino Francesco contribuì a oscurarne ancor più la presenza. Francesco, infatti, specialmente con i Mimi, assunse, come la sua stessa identità di scrittore, la sicilianità, cosa che Giuseppe cercò sempre di tenere, per così dire, sotto controllo. Ciò non impedisce, però, che le poche pagine su Grottacalda che aprono “Rosso sul lago” (la raccolta che gli valse il Premio Bagutta nel 1956) siano tra le più vivide scritte sulla zolfara e sui carusi. Inoltre, l’italianistica (la contemporaneistica) sembra puntare alle figure del Novecento ormai consacrate dal successo, di cui si dicono e ridicono più o meno le stesse cose.

A noi è sembrato giusto rimediare a questo silenzio, riportando all’attenzione della pubblica opinione uno scrittore che sembra ingiustamente dimenticato. Ecco una breve biografia. Giuseppe Lanza nasce a Valguarnera il 1° gennaio del 1900 da Giovanni Battista e Anna Profeta, entrambi valguarneresi. Il padre, impiegato presso la miniera di zolfo di Grottacalda, cresce lì il giovane rampollo che vi passa buona parte della sua infanzia prima del passaggio nelle scuole superiori frequentate a Catania, ospite della zia maestra sorella del padre. Il ricordo di questo periodo spensierato è conservato proprio nel primo racconto di Rosso sul lago, edito da Cappelli. Nel racconto in questione, intitolato “Infanzia nella zolfara”, Lanza descrive con nitida intensità ciò che definisce “un mondo assai diverso da quello del paese nativo, che pure era vicino”.

Si trasferisce a Milano intorno alla metà degli anni venti. Esordisce come narratore nella Fiera letteraria diretta da Umberto Fracchia, ma si era già rivelato drammaturgo con Il binocolo alla rovescia scritto a ventidue anni e rappresentato nel 1926 da Camillo Pilotto, opera che nel 1934 gli dà il successo. Scrive decine di drammi e oltre un centinaio di racconti. L’editore Licinio Cappelli, in una nota, lo definisce “critico teatrale, riconosciuto tra i più autorevoli d’Italia”; in questa veste lavora presso varie riviste, tra le quali L’Italia Letteraria, L’Illustrazione Italiana, Scenario, L’Osservatore politico-letterario, e sul giornale La Stampa.

Nel 1929 è rappresentata all’Eden di Milano la commedia Il peccato che, nell’interpretazione della Pagnani, coglie ampi consensi. Tra le sue opere ricordiamo ancora Esilio-Ritorni (commedia), Fratelli Buratti Editori, Torino, 1929; All’albergo del sole (racconti), Solaria, Firenze, 1932; La buona sementa (commedia), Firenze, 1934; Zuda (commedia), Torino, 1937; I cigni neri, 1952; Alfieri, Ibsen, Pirandello e Teatro dopo la guerra, Edizioni del Milione rispettivamente del 1960 e 1964.

Lanza muore a Milano l’undici settembre 1988. La sua arte continua ad esercitare un fascino sottile nei suoi lettori. I suoi racconti ci offrono un panorama umano d’insolita ricchezza, ogni personaggio ha un’intimità inconfondibile che si rivela nel turbinio di sensazioni suscitate dallo stile dell’autore. La verità, per sconcertante che sia, diventa acquisto fecondo, lievito di vita nuova; perciò, nonostante l’arditezza e la spietatezza di tante sue indagini, il Lanza non ci dà personaggi disperati: anche nel labirinto di passioni e condizioni ottenebranti le sue creature finiscono con l’intravedere qualche possibilità di salvezza.

Dunque in questa Sicilia interna c’è un altro scrittore a cui attribuire opportuni riconoscimenti. E sarebbe auspicabile che si possa riscoprire al più presto, magari con delle pubblicazioni o conferenze, l’opera di un autore che, a ragione, può essere considerato come un maggiore tra i minori. Chissà che, dopo un accurato lavoro di ricerca, non si abbia la sorpresa di essere smentiti in questo precipitoso giudizio col quale si relega Peppino Lanza tra …i minori!

 

 

 

Dal “Dizionario Universale della Letteratura Contemporanea”, Mondadori, 1961

                

GIUSEPPE  LANZA

(1900 – 1988)

Scrittore e critico italiano, nato a Valguarnera (Enna).[1] Esordì come autore drammatico nel 1929 con Il peccato, che vinse il concorso della rivista “Il dramma” e fu subito rappresentato dalla compagnia del Teatro d’Arte di Milano. Quasi contemporaneamente si rivelò come narratore con alcuni racconti pubblicati sulla “Fiera letteraria”. Ma si affermò come drammaturgo con Il binocolo alla rovescia, 1934, che fu rappresentato nello stesso anno dalla compagnia di Camillo Pilotto. Nel 1929 erano apparse in un unico volume, Esilio-Ritorni, le commedie che lo fecero annoverare fra gli intimisti. Ma la sua indagine psicologica, affinandosi sempre più, si trasformava in una complessa analisi e presa di coscienza di responsabilità etiche.

 

Fu, con C. V. Lodovici, l’autore e studioso di teatro più vicino al gruppo di “Solaria”, nelle cui edizioni apparve, dopo la sua prima raccolta di racconti, All’albergo del sole, 1932, la commedia La buona sementa, 1934.

 

Dal 1931 al 1933 svolse attività di critico drammatico sull’”Italia letteraria”. Dal 1945 riprese regolarmente tale attività sull’”Illustrazione Italiana”, e successivamente su “Scenario” e su “L’osservatore Politico Letterario”. Contemporaneamente, collaborando a “La Stampa” intensificò la produzione di narratore, nella quale le sue doti di psicologo e di moralista si concentrarono nell’indagine di tipici aspetti della vita contemporanea.

 

Nel 1956 il volume Rosso sul lago, 1955, ottenne il Premio Bagutta.

 

 

BIBLIOGRAFIA.

 

Saggistica: Alfieri, Ibsen, Pirandello (Milano, 1960)

Narrativa:  All’albergo del sole (Firenze, 1932); I cigni neri (Milano 1952); Rosso sul lago (Bologna, 1955).

Teatro:       Il peccato in “Il Dramma”, 63, 1929; Esilio – Ritorni (Torino, 1929); La buona sementa (Firenze, 1934);

                  Il binocolo alla rovescia in “Il Dramma”, 181, 1934; Il profumo delle magnolie, ivi, 211, 1935; Zuda, ivi

                  261, 1937; Aurelia in “Teatro-Scenario”, 8, 1952.

Traduzioni: da J. De Lacretelle, Lisa (Milano, 1934); da G. Flaubert, Lettere a Luisa Colet (ivi, 1945); da J. Rivière,

                   Studi (ivi, 1945); da M. Proust, Salotti parigini de altri scritti (ivi, 1946).

Studi sull’Autore:

                             C. Tavolini in “L’Italia Letteraria”, 1930; S. Solmi in “Solaria”, 1930; M. Apollonio in “Giovedì”,

                              1930; E. Montale in “Circoli”, 1931; S. Solmi in “Pegaso”, 1933; G. Titta Rosa in “L’Italia

                              Letteraria”, 1933; A. Nicoll in World Drama from Aeschylus to Anouilh (Londra, 1949);

                               M. Apollonio in “Letteratura dei Contemporanei” (Brescia, 1956); G. Titta Rosa in “L’osservatore

                               Politico Letterario”, 1956.

 

 

 

Dal “Dizionario della letteratura contemporanea”, Vallecchi, 1973

 

LANZA GIUSEPPE

 

Nato a Valguarnera, presso Enna, nel 1900; narratore, saggista scrittore di teatro. Dopo aver debuttato in teatro con l’opera Il peccato, rappresentata a Milano nel 1929, il Lanza proseguì la sua attività di scrittore pubblicando alcuni felici racconti sulle colonne della “Fiera letteraria”. Nel 1934 pubblicò il dramma Il binocolo alla rovescia, in cui le sue doti di autore teatrale hanno modo di apparire con più efficace resa artistica. Fu assai vicino al gruppo della rivista fiorentina “Solaria”, per le cui edizioni pubblicò sia una serie di racconti, All’albergo del sole (1932), sia un commedia, La buona sementa (1934). In tempi diversi fu critico teatrale su alcuni importanti giornali, come “L’Italia letteraria”, “Scenario”, “L’Osservatore politico-letterario” e il quotidiano torinese “La Stampa”. Nel 1956, grazie al volume di racconti Rosso sul lago, Lanza ha vinto il premio letterario “Bagutta”.

Opere principali:

Teatro: Il peccato, in “Il Dramma”, 63, 1929; Esilio-Ritorni, Torino, Buratti, 1929; La buona sementa, Firenze, Solaria, 1934; Il binocolo alla rovescia, in “Il Dramma”, 181, 1934; Il profumo delle magnolie, ibidem, 211, 1935; Zuda, ibidem, 261, 1937; Aurelia in “Teatro-Scenario”, 8, 1952.

Narrativa: All’albergo del sole, Firenze, Solaria, 1932; I cigni neri, Milano, Meridiana, 1952; Rosso sul lago, Bologna, Cappelli, 1955.

Saggistica: Alfieri, Ibsen, Piran­dello, Milano, Il Milione, 1960.

 

Bibliografia essenziale:

M. Apollonio, in Letteratura dei contemporanei, Brescia, “La Scuo­la”, 1956; S. Solmi, in Scrittori negli anni, Milano, Il Saggiatore, 1963.

 

[1] È cugino di Francesco Lanza che, nel settembre 1931, così scrive da Valguarnera a Corrado Sofia che pensa che Francesco sia stato a Roma e non sia andato a trovarlo: “…non sono stato a Roma… Tranne che non sia venuto a cercarti mio cugino Giuseppe – quello edito da Buratti – al quale parecchio tempo fa diedi il tuo indirizzo…” (Nota di E.B.)

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