ODE ALL’AMICO COMPITO
di Francesco
Lanza
[Francesco
Lanza ha sedici anni e frequenta il liceo a Catania. Siamo in agosto e il
ragazzo si trova in vacanza in paese. La notte della festa di San Cristofero, é
sveglio nella sua casa di via Archimede. Prende carta e penna e scrive
all’amico e coetaneo Totò La Spina che ha appena festeggiato l’onomastico.
Non in prosa ma in endecasillabi. Evoca la nascita della loro amicizia, quando
erano ancora bambini, gli smarrimenti dell’adolescenza e la faticosa
transizione verso l’età adulta.
Riproduciamo il testo originale e la sua trascrizione. Per leggere il primo,
clicca sopra e si ingrandira'.]
1°
Ancora,
se ripenso le mie corse
bambine
per le strade e pei quadrivi
ho
come un pianto che da lungi arrivi
e
rinnovelli lacrime trascorse.
Risento
della pena solitaria
che
m’arrecava il ronzo d’una mosca,
e
sento ancora se la riconosca,
errare
non dissimile per l’aria.
Ancora:
come vigile singhiozzo
che
mi narri di vigne messe a sacco,
e
non più pensi a vivere il distacco
nell’aria
muta d’un mio verso rozzo.
2°
Quando
eccellevo al lancio della fionda
e
vendicavo i piccoli diverbi,
avevo
certi fremiti superbi
addentro
il core e nella voce bionda.
Avevo
la pretesa d’esser solo
a
vincere le giostre puerili
ed
a legare i miei compagni vili
con
le corregge ruvide di rolo.
Ma
palpitavo d’un timore ignoto
quando
vedevo a pena da lontano
la
tua berretta; e palpitavo invano
che
tu nemmeno m’avvertivi o Toto
3°
Che
tu nemmeno forse mi sapevi
errare
col mio core di poeta
in
una luce cristallina e cheta
siccome
l’eco blanda dei sollievi.
Non
più mi scorderò della tua seria
corsa
attraverso le pianure alpine
quand’io
sentivo sorgere le prime
invidie,
conscio della mia miseria.
Portavi
il nerbo si diceva allora
arrotolato
dentro una tua tasca.
Non
oggi rido quasi che rinasca
un
mio timore più bambino ancora.
4°
Poi
fummo amici ed ebbimo la smania
di
parere indivisibili. Tu fosti
mio
confidente, e gli animi scomposti
seppero
le tristezze di Catania.
Ti
raddolcisti della stessa fede
del
poeta; vegliasti i suoi tormenti
ma
non sapesti i tristi assopimenti
cui
l’anima soggiace e non s’avvede.
Ansante
mi seguisti nello studio,
con
me sognasti le vesti azzurre
ed
oggi già tentiam di ricondurre
l’anima
nostra al piccolo tripudio.
5°
Anch’oggi
che si vuole andare attorno
sempre
di gala e s’odia le disfatte
e
si pensa ad avere le cravatte
col
groppo serenato di contorno.
Col
cappello di paglia posto a sghembo
sopra
l’orecchio manco, come detta
la
mia musa sorella e fragiletta
nella
sua veste d’aria senza lembo.
Anch’oggi
che tu godi la tua festa
novellamente
e senti la vicenda
della
gioia che Cristo te la tenda
incoronato
d’una luce mesta.
6°
O
Totò, se ti basta l’ansimare
per
erte mute di montagne brulle
sorretto
dal pensiero di fanciulle
dagli
occhi azzurri e fresche da sognare
io
ti saprò da lunge col mio core
inconosciuto
e piccolo che sogna
d’avere
la sua vita di menzogna
e
di sentire ancora il suo dolore.
O
Totò, è nulla s’oggi mi rimanga
il
desiderio d’essere bambino:
non
faccio che seguire il mio destino
infaticato!…
E’ meglio che non pianga.
Nelle
ore piccole del 25 agosto 1913
Frantz
Lanza
[La poesia fu
scritta - a penna su due fogli strappati ad un quaderno a quadretti –
probabilmente di getto. A questo sono verosimilmente dovute alcune imperfezioni
(per es. penna per
pena
al 5° verso, anc’oggi per anch’oggi
ai versi 49 e 57 o alcune dimenticanze relative alla punteggiatura) che abbiamo
corretto per una migliore comprensione del testo. Endecasillabi a rima
incrociata (ABBA).
Dopo la firma
(Francesco diventa “Frantz”, nome tedesco trascritto alla francese, la
lingua studiata al ginnasio), vengono riportati i seguenti versi di Ada Negri
“Testina
bruna e bocca di sorriso / cuore che vivi di felicità / io penso, intenta e
scolorita in viso / a l’avvenire che fra la nebbia sta”.
L’ode,
scritta in fretta e non destinata alla pubblicazione, ci sembra tutt’altro che
la semplice esercitazione letteraria di uno studente liceale. Intrisa di
freschezza, essa rivela già la sensibilità ed il talento che Ciccio Lanza
raggiungerà in età matura. Si pensi alla fine descrizione dell’evolversi del
sentimento dell’amicizia od alla bellezza di alcuni versi e di molte metafore:
“vigile
singhiozzo”, “voce bionda”, “luce cheta”, “l’eco blanda dei
sollievi”, “seria corsa”, “le pianure alpine”, “gli animi
scomposti”, “i tristi assopimenti”, “veste d’aria senza lembo”,
“erte mute di montagne brulle”, “fanciulle fresche da sognare”, ecc.
Qua e là, Pascoli e Gozzano sembrano non essere lontani, ma l’“Ode
all’amico compito” rimane una felice poesia, di notevole livello, godibile
ancora oggi. Ringrazio il dott. Elio La Spina per avermi permesso di pubblicare
questo componimento inedito su “Valguarnera da leggere”. E.B.]